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Federazione Italiana Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili- fiper

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PROPOSTE FIPER

Il contributo potenziale del teleriscaldamento a biomasse e della produzione di biogas di origine vegetale ed animale per gli obiettivi italiani di penetrazione delle fonti rinnovabili negli usi finali termici previsti dalla Direttiva 2009/28/CE del 23 Aprile 2009

 

1. Premessa 1.1. Contesto filiera Biomassa – Energia

Il termine “biomasse” designa una pluralità variegata di fonti d’energia; diverse per lo stato fisico (solido, liquido o gassoso), per il grado di “rinnovabilità”, per la disponibilità nel territorio nazionale ed internazionale (logistica per l’importazione), per la complessità delle tecnologie impiegate e per la loro valorizzazione energetica attraverso la trasformazione in energia elettrice e/o termica.

Bisogna ricordare che, a differenza del vento e del sole, disponibili in natura a costo zero in aree territoriali circoscritte, e non programmabili nel tempo, le biomasse sono il risultato finale di attività colturali agricole e/o forestali di gestione del territorio. Il costo energetico di approvvigionamento varia a seconda del tipo di lavorazione effettuata.

Le biomasse rappresentano un accumulo di energia chimica in forma solida, pertanto permettono un utilizzo programmabile ed un trasporto agevole su lunghe distanze. Per garantirne l’uso sostenibile ed evitare rischi di disboscamento delle foreste vergini, di sostituzione delle colture alimentari, la Commissione Europea ha predisposto linee guida per valutare la sostenibilità delle varie produzioni.

Altre questioni di rilevanza ambientale sono correlate alla commistione con le discipline che definiscono la gestione dei rifiuti, poiché diverse fonti di biomasse sono costituite da scarti o residui delle produzioni agricole, degli allevamenti o delle attività industriali. Inoltre, la valorizzazione di questi “scarti” mediante combustione e/o digestione produce a sua volta emissioni e residui.

Da queste prime considerazioni emerge l’impossibilità di affrontare in un unico schema di regolamentazione l’insieme delle diverse biomasse. Il rischio è di creare discriminazioni fra le varie fonti o di orientare gli operatori verso direzioni non previste con effetti contrari a quelli prestabiliti.

Basti pensare alla regolamentazione definita dalla Legge 23 luglio 2009 n.99, che riconosce la tariffa onnicomprensiva di 0,28 cent/kWh per l’elettricità generata da impianti con potenza inferiore ad 1 MW. Questa soglia si è dimostrata adeguata per gli impianti di digestione per la produzione di biogas e per i piccoli impianti di combustione di legno sminuzzato. Al contrario si è rivelata del tutto inefficace per disincentivare le importazioni di oli vegetali da paesi extra EU, dalla sostenibilità ambientale presunta, che vengono impiegati in motori diesel di costo limitato e con la logistica del rifornimento di semplice gestione. Fiper propone che i provvedimenti tengano conto delle diverse biomasse e delle differenti applicazioni tecnologiche.

E’ necessaria una differenziazione degli incentivi sull’energia termica in funzione della tipologia di biomassa utilizzata (rifiuti organici, residui agricoli e forestali, reflui zootecnici). Il costo del calore prodotto a parità di tecnologia utilizzata diverge, così come gli effetti ambientali generati dall’impiego dei diversi combustibili. Occorre inoltre che vi sia una struttura a livello nazionale a cui fare riferimento che si occupi con continuità del monitoraggio dello stato dell’arte e che possa indirizzare ed allertare per tempo i livelli decisionali sulle necessità di interventi e modifiche.

 

2. Il teleriscaldamento a biomassa: aspetti istituzionali, economici e finanziari

Gli impianti di teleriscaldamento a biomassa sono costituiti da:

- una centrale che comprende sia l’area di stoccaggio delle biomasse sminuzzate (il cippato) sia delle biomasse da cippare, il corpo centrale dove sono installate le caldaie e le pompe con le relative strumentazioni,

- una rete di tubazioni per la circolazione dell’acqua calda, realizzata prevalentemente su suolo pubblico,

- un’apparecchiatura posizionata presso le utenze per scambio di calore con la rete dell’edificio e per la misurazione del calore erogato attraverso un sistema di telecontrollo.

Il teleriscaldamento è indubbiamente un servizio di interesse generale; tuttavia non rientra nelle normative predisposte per i servizi di pubblica utilità, non si pone compiti di universalità del servizio, allacciando solo i richiedenti con i quali c’è una reciproca convenienza, non opera in concessione ma sulla base di una convenzione fra l’impresa proponente ed il Comune.

Alcune minireti nascono per iniziativa dell’Ente Locale che richiede i servizi propri di una Energy Service Company (ESCO) per gli edifici pubblici. Per garantire lo sviluppo e l’espansione della rete su basi economicamente sostenibili è necessario che si formi una “precisa” realtà imprenditoriale, magari a co-partecipazione pubblica, ma gestita con regole di economia di impresa.

In genere la centrale, le dorsali della rete e la strumentazione sono l’investimento base dell’impresa, mentre gli allacciamenti e le sottocentrali presso gli edifici dell’utente sono realizzate dall’impresa con uno specifico contributo di allaccio a carico del richiedente.

Il bacino ideale da tele-riscaldare a biomassa è costituito da aree non metanizzate, dove viene utilizzato gasolio o GPL, entrambi fortemente tassati e di complessa logistica.

Si tratta prioritariamente di aree montane in cui è più facile innescare una sinergia economica con le attività agricole e di gestione delle foreste, in modo tale che l’onere complessivo per la fornitura del riscaldamento rimanga in ambito locale.

L’operazione di maggior contrasto alla diffusione del teleriscaldamento a biomasse è costituita dalla metanizzazione delle aree montane; in passato facendo ricorso ai Fondi Investimento Occupazione (FIO), successivamente ai fondi strutturali ed installando “caldaiette” familiari spesso non conformi alla normativa sugli scarichi.

Il metano oggi è quasi interamente importato e non sono più giustificati i vantaggi fiscali e normativi di cui gode. L’impiego dell’energia elettrica per uso “cucina” attraverso l’installazione di piastre elettriche ad induzione permetterebbe inoltre di eliminare le bombole del GPL e garantirebbe maggiore sicurezza, comodità d’uso e risparmio energetico.

Le tariffe per la fornitura di energia termica sono generalmente regolate con una convenzione che viene stilata fra il Gestore dell’impianto e il Comune; le tariffe vengono calcolate in base all’analisi dei costi e in alcuni casi specifici sono “ancorate” all’andamento del prezzo gasolio, principale combustibile fossile sostituito.

Il beneficio economico del teleriscaldamento deriva principalmente dalla mancata accisa applicata sulla legna, dal risparmio energetico derivante dalla co-generazione e dal limitato, per ora costo, della biomassa. Se è garantita l’economicità di gestione di un impianto di teleriscaldamento, dal punto di vista finanziario, nei bilanci degli impianti, spesso si registra un elevato tasso di indebitamento.

Gli impianti esistenti hanno generalmente ricevuto contributi in conto capitale dai governi regionali per la fase iniziale di avviamento che prevedeva la costruzione della Acentrale e della rete principale; in realtà la richiesta continua di nuovi allacciamenti da parte degli utenti e su sollecitazione dei Comuni, ha comportato per il gestore del teleriscaldamento l’estensione delle reti ben oltre le previsione iniziali; registrando un incremento significativo degli investimenti.

Si tratta nei casi di corretta esecuzione e gestione dell’impianto, di investimenti infrastrutturali a basso rischio d’impresa (le oscillazioni del clima), ma con tempi di ritorno lunghi: intorno ai 15 anni. In questo contesto un “importante” finanziamento iniziale in conto capitale (30-40%) rischia di esercitare un “effetto di euforia”; di far contrarre mutui bancari a 5-10 anni, da rinegoziare alla scadenza in un contesto economico, in cui l’accesso al credito diventa sempre più difficoltoso. A livello locale, invece, il rispetto del patto di stabilità, specie nei piccoli comuni, non permette alle Amministrazioni locali di accedere a finanziamenti pluriennali del tipo Cassa Depositi e Prestiti.

 

3. Il ruolo della FIPER nella filiera biomassa-energia

FIPER è la federazione che riunisce le imprese di teleriscaldamento che utilizzano esclusivamente “combustibili vegetali”, e imprese che producono biogas da reflui e biomasse agricole.

Queste due attività sono unite dal forte legame col territorio agricolo–forestale e dalle capacità imprenditoriali locali delle valli montane e dei nuclei più innovativi delle campagne. Si tratta di un tipo di ESCO strettamente legate al territorio. FIPER rappresenta solo ed esclusivamente i gestori degli impianti di cui sopra. FIPER si contraddistingue per questa sua peculiarità, di crescita “dal basso” di nuova imprenditoria da altre Associazioni quali:

- AIRU, i cui impianti di teleriscaldamento urbano sono nati dalla decisione delle municipalizzate elettriche di diversificare il servizio offerto. Queste realtà sono consolidate da decenni, con un ruolo ben definito nel panorama energetico nazionale, essendo localizzate generalmente in contesti urbani medio-grandi.

- APER nata in particolare per rappresentare in origine impianti idroelettrici ed ora anche altri impianti per produzione prevalentemente elettrica; oggi raggruppa comunque non solo produttori di energia ma anche fornitori e progettisti di apparecchiature ed impianti connessi a dette attività.

La tabella riportata in allegato a questo documento presenta alcuni dati descrittivi del complesso di attività svolte dagli impianti associati a FIPER nel 2008: gli impianti più grandi sono rappresentati dall’impianto TCVVV di Tirano (SO), con caldaie di potenza termica di 20 MW ed un generatore in cogenerazione di 1,1 MW elettrico e da quello di Dobbiaco (BZ) con potenza termica di 18 MW e potenza elettrica in cogenerazione di 1,5 MW, per giungere a minireti di teleriscaldamento di 0,50 MW termici, quali l’impianto della cooperativa Isparo a Corte Franca (BS).

Le imprese hanno strutture societarie diverse: sono operanti cooperative, come a Dobbiaco, società a capitale misto con azionariato diffuso come in Valtellina, fino a imprese di proprietà pubblica come in Carnia. FIPER è nata per affrontare problemi di interesse comune ai gestori di teleriscaldamento, ed ora anche agli impianti di biogas, per meglio gestire i rapporti con le organizzazioni centrali sugli aspetti fiscali e normativi; per costituire una continuità di rappresentanza del settore verso il governo centrale e verso le regioni; per offrire servizi ai nuovi operatori entranti.

Un tema, che diverrà nel prossimo futuro di particolare interesse è costituito dai rapporti con i vari territori per la fornitura della biomassa: dagli scarti delle segherie alla raccolta delle potature urbane, agricole e di allevamenti, alla forestazione a ciclo rapido, fino alla promozione degli interventi di gestione delle foreste.

Obiettivo: garantire un mercato certo e stabile ai prodotti. Questo tema coinvolge l’intera filiera: va dalla definizione del listino prezzi, al controllo di qualità, alle tecniche di piantagione e di esbosco, fino alla logistica sia per i trasporti che per lo stoccaggio dei vari prodotti sia per gli impianti di teleriscaldamento che di produzione di biogas.

Altro tema penalizzante per la possibilità di replicare e diffondere questi impianti è quello della limitata capitalizzazioni di queste imprese. Infatti essendosi queste aziende costituite appositamente per realizzare questi impianti, magari utilizzando incentivi locali, e non esercendo attività produttive pregresse e consolidate, subiscono una posizione molto “debole” verso il sistema del credito.

4. Definizione Piano d’Azione Italiano

4.1. Quadro di riferimento Position paper italiano- Settembre 2007

Il position paper italiano presentato a Bruxelles nel settembre 2007 prevede un contributo di ben 3,74 Mtep di calore da biomasse, distribuito mediante reti di teleriscaldamento, per il raggiungimento degli obbiettivi europei di penetrazione delle fonti rinnovabili al 2020.

Con riferimento al 2008 gli impianti realizzati nel nostro paese sono ben distanti dal raggiungimento di tali obiettivi (al contrario degli usi diretti delle famiglie che invece sono fortemente sottostimati); attualmente sono documentate in Italia le seguenti quantità:

- calore prodotto da FORSU pari a 0,04 (?) Mtep, nell'ipotesi che il 55% dei rifiuti sia di origine organica, (Fonte: dati Airu);

- calore da impianti a legno pari a 0,1Mtep, di cui 0,06MTep dalla linea di combustione di Brescia, (Fonte: dati AIRU) e 0,04 Mtep da impianti FIPER;

- calore da impianti industriali: dati non disponibili;

- calore da impianti di biogas (circa 250 impianti oggi esistenti in Italia con produzione quasi esclusiva di energia elettrica) dati non disponibili.

Si evidenziano immediatamente, al di là della indisponibilità dei dati sugli impianti termici delle industrie, tipicamente nel settore del mobile ed agroalimentare, due punti di criticità relativi alla metodologia statistica:

- il calore venduto dai teleriscaldamenti è quello netto cioè quello effettivamente fornito ed utilizzato dagli utenti; nel Bilancio Energetico Nazionale (BEN), invece gli usi finali termici sono calcolati in base al potere calorifico dei combustibili venduti, al lordo dei rendimenti di trasformazione nelle caldaie degli utilizzatori.Va allora definito se il valore del calore attribuito agli usi finali è quello ceduto agli edifici, o quello immesso nella rete o quello corrispondente al potere calorifico dei combustibili utilizzati;

- negli impianti di biogas il calore che riscalda i digestori è calore utile, anche se consumo ausiliario di impianto, pertanto è da conteggiare con l’accortezza di aumentare i consumi corrispondenti del settore agricoltura.

Se si considera l’enorme differenza fra la situazione attuale e gli obiettivi, dall’altro la lentezza della espansione delle realizzazioni degli ultimi anni, è naturale ritenere che per conseguire anche solo una frazione sensibile di quanto previsto, occorra un intervento istituzionale preciso e finalizzato e che tenga opportunamente conto di quanto finora acquisito dagli operatori.

Gli attori potenziali sono da una parte le società energetiche che già gestiscono reti di teleriscaldamento ed impianti di biogas dall’altra (considerando la difficile situazione delle Amministrazioni Comunali) nuovi operatori di servizi energetici del tipo degli associati alla FIPER.

4.2. Le proposte dalla FIPER per il comparto termico rinnovabile

Sulla base delle realizzazioni effettuate e delle difficoltà incontrate la FIPER propone una politica che punti a realizzare nel decennio fino al 2020, almeno 0,7-1 Mtep .

Questa politica dovrebbe basarsi principalmente sul:

- favorire la nascita di imprese nel territorio, capaci di realizzare investimenti di mercato, spostando, almeno in parte, gli incentivi dal conto capitale o dal conto esercizio verso fondi di garanzia che permettano l’accesso a mutui di lunga durata; va favorita l’evoluzione dei distributori locali del gasolio a cambiare business, passando al legno, fidelizzando i clienti;

- individuare una struttura a livello nazionale che si occupi del monitoraggio, della qualificazione e della regolazione della produzione e dell’uso del calore;

- focalizzare ed indirizzare la politica dell’agricoltura e dell’ambiente allo sviluppo della filiera del legno a monte degli impianti, per garantire combustibile proveniente dal territorio locale in modo programmato, considerando anche i vantaggi dal lato ambientale, dell’assetto idrogeologico dei terreni e dell’occupazione potenziale.

Al momento lo strumento del Titoli di Efficienza Energetica non rappresenta uno stimolo forte per l’avvio di nuovi impianti di teleriscaldamento a biomassa, per due ragioni fondamentali:

- il valore del TEE, attorno ad 1 c€/kWh, per una durata di soli 5 anni, del tutto trascurabile rispetto alle altre forme di incentivazione, costituisce solo un premio e non incide significativamente sulla decisione di realizzare un impianto alimentato a biomassa;

- il meccanismo attuale del premio in esercizio non è bancabile, tanto meno per una impresa che si costituisce ad hoc, senza patrimoni legati a realizzazioni precedenti.

Il meccanismo dei Titoli di Efficienza Energetica va prorogato, allungato, resa effettiva la sua applicazione e rafforzato da misure specifiche che incentivino lo sviluppo della filiera della biomassa a monte, evitando il rischio del “trasferimento” degli incentivi all’estero; a tal fine è fondamentale favorire lo sviluppo di “nuova imprenditoria” nelle zone montane, dove l’integrazione fra calore rinnovabile e risorse locali è più immediata.

Questo approccio presuppone un’evoluzione degli incentivi con speciale attenzione agli usi distribuiti delle biomasse solide ed alle piccole reti di teleriscaldamento. Rispetto alla filiera del biogas, invece, Fiper propone che il biogas prodotto dagli impianti alimentati da biomassa vegetale o di origine animale possa essere trasformato in “biometano” come già realizzato in altri Paesi Europei.

Per favorire gli investimenti in tale comparto, Fiper suggerisce di riconoscere anche per il biometano, al fine di poter ottimizzare oltre che la produzione di energia elettrica anche il corrispondente calore prodotto, gli incentivi corrispondenti ai Certificati Verdi già riconosciuti alla produzione elettrica.

La differenza di vettore energetico finale condiziona l’andamento dell’efficienza; il bio-metano può quindi essere utilizzato da una centrale combinata con rendimento medio superiore al 70% anziché l’utilizzo della sola elettricità in motori a scoppio con un rendimento del 30-35%.

La Germania ha pianificato di produrre il 10% di gas metano (circa 10 miliardi di metri cubi/anno) attraverso il bio-metano entro il 2020. L’estensione notevole della rete di metano già esistente, in Italia ed il suo accesso alla stessa, permetterebbe certamente un importante sviluppo in questo settore energetico con positive ricadute ambientali ed economiche. Il bio-metano in questa fase di passaggio è necessario venga promosso ed incentivato come merita, per poter essere competitivo.

Sulla base delle esperienze acquisite si ritiene che l’utilizzazione delle biomasse per produzione di calore, sia distribuito nelle famiglie, sia nelle piccole reti di teleriscaldamento, abbia bisogno più che di contributi agli utenti finali, di contributi alla “filiera”, sia per gli aspetti di messa a disposizione delle biomasse nelle forme più adatte ai vari utilizzatori, sia per lo sviluppo di imprese locali di teleriscaldamento.

In particolare si propone un portafoglio di interventi per:

- riorientare il meccanismo dei certificati bianchi per gli impieghi di biomasse e l’utilizzo del calore;

- eliminare l’IVA applicata alle biomasse del territorio per favorire l’uscita delle stesse dal mercato non formalizzato;

- vincolare le detrazioni fiscali agli apparecchi domestici alla qualità delle prestazioni con particolare riguardo alla efficienza ed alle emissioni;

- promuovere mini reti di servizio di fornitura e di gestione di caldaie a biomassa in aree a bassa densità abitativa;

- supportare le imprese per lo sviluppo delle tecnologie e dei laboratori di prova;

- favorire la formazione e crescita di aziende di servizio per raccolta di biomasse disperse dall’agricoltura e dalle foreste;

- eliminare gli ostacoli all'uso corretto delle ceneri provenienti dall’uso delle biomasse vergini e del digestato per le concimazioni;

- favorire l’uso negli impianti di produzione di biogas anche degli scarti agro-industriali ed alimentari opportunamente trattati;

- favorire le colture energetiche, quali la forestazione rapida, con fondi per garantire il reddito annuale agli agricoltori;

- individuare sinergie ed integrazioni fra i principi di conservazione e lo sviluppo degli impieghi energetici per foreste e boschi;

- supportare i progetti di teleriscaldamento a biomassa nelle aree vocate mediante finanziamenti a lunga scadenza (15 – 20 anni) e fondi di garanzia.

Quest’ultimo aspetto merita un’attenzione particolare a partire dall’esperienza e dall’analisi dei bilanci delle principali aziende di teleriscaldamento aderenti alla Fiper.

4.3. Proposta di un fondo di garanzia per il teleriscaldamento in aree montane: Valutazioni quantitative

In riferimento ai dati analizzati relativi agli impianti associati alla FIPER si può stimare il valore economico attuale atteso di un sistema di impianti di teleriscaldamento dedicato ad una cittadina di circa 5.000 abitanti realizzando un impianto cogenerativo con potenza termica di 10 MW e potenza elettrica di 1 MW.

L’investimento complessivo previsto è di circa 12 milioni di euro (effettuato durante 6 - 8 anni), che comprende: 2 caldaie a biomassa, 1 caldaie a gasolio di soccorso, un impianto di cogenerazione ORC, circa 15 km di reti di distribuzione e oltre 300 scambiatori di calore allocati presso le utenze finali.

La fornitura garantita corrisponde a circa 15.000 MWh/anno di calore e 7.000 MWh/anno elettrici, entrambi prodotti da biomassa legnosa. Gli imprenditori dovrebbero apportare capitale proprio nell’ordine del 20% mentre una ulteriore quota del 20% verrebbe reperita presso le utenze attraverso le tariffe di allaccio degli edifici alla rete di teleriscaldamento.

Quest’onere finanziario verrà in parte diluito nel tempo per cui il debito corrente dovrebbe attestarsi intorno di 4-5 milioni di Euro. Per produrre e vendere i 15.000 MWh di calore previsti occorre utilizzare circa 15.000 ton. di cippato al costo di circa 60 €/ton, per un totale di circa 0,9 milioni di €. Il calore viene venduto (lo sconto riconosciuto dallo Stato all’utente finale previsto per le aree montane non metanizzate e anticipato dalle Società di gestione viene alle stesse rimborsato quale Credito d’Imposta e quindi trattasi di una partita di giro) attorno a 1,1 c€/kWh con un fatturato dell’ordine di 1,65 milioni di Euro.

L'elettricità prodotta genera un'entrata di circa 1,96 milioni Euro con l’attuale valore del Conto Energia per impianti inferiori ad 1 MWe.

Attestando i costi di gestione (legno, personale, servizi tecnici) attorno a 1,4 milioni di €, si stima un ricavo di esercizio dell’ordine di circa 2,21 milioni di €. col quale “ripagare” il costo del denaro (0,25 milioni € ad un tasso attorno al 4-5%), remunerare il capitale sociale (0,15 € milioni) effettuare gli ammortamenti e rimborsare il prestito in una quindicina di anni.

Il contributo aggiuntivo dei titoli di efficienza energetica sarebbe dell'ordine di 0,1 milioni €/anno. Ne risulta un intervento economicamente sostenibile, a condizione che l’imprenditore possa accedere ad una garanzia finanziaria che gli permetta di ottenere dal sistema bancario un mutuo ipotecario della durata di 15 anni possibilmente con preammortamento di due anni.

Si può ipotizzare che questa garanzia possa costare annualmente il 2-2,5% del prestito, pari mediamente a 160.000 €/anno. Rapportato ai 15.000 MWh termici risparmiati si avrebbe un contributo di circa 10,7 €/ MWh ossia 93 €/tep del tutto paragonabile a quanto promesso dal meccanismo dei Titoli di Efficienza Energetica. Sostanzialmente non si chiede un contributo più elevato di quanto già previsto ma che sia gestito in modo finanziariamente più efficace, con il supporto ed il monitoraggio di una struttura di gestione che dia una valutazione del progetto e della struttura d'impresa.

C o n c l u s i o n i

La FIPER ritiene che possano essere realizzati in Italia nei prossimi anni i seguenti impianti di: TELERISCALDAMENTO E COGENERAZIONE

Circa 300 impianti di teleriscaldamento e cogenerazione alimentati a biomassa con potenza media di 10 MWtermici ed 1 MWelettrico raggiungendo cosi i seguenti risultati:

POTENZA TERMICA TOTALE 3.000 MWt

POTENZAA ELETTRICA TOTALE 300 MWe

CALORE STIMATO VENDUTO 6.000.000 MWh

ENERGIA ELETTRICA STIMATA VENDUTA 1.900.000 MWh

INVESTIMENTO PREVISTO 3.600 MILIONI di €

Benefici ambientali:

Biomassa utilizzata anno 4.500.000 Ton

Fonti fossili risparmiate anno (gasolio e/o O.C) 820.000 Ton

Mancate emissioni CO2 anno 2.400.000 Ton.

IMPIANTI A BIOGAS

Circa 2.000 impianti a biogas alimentati con produzione agricola e di allevamento animale con potenza media di 1 MWelettrico raggiungendo cosi i seguenti risultati:

POTENZA ELETTRICA TOTALE 2000 MWe

ENERGIA ELETTRICA STIMATA VENDUTA 14.000.000 MWh

INVESTIMENTO PREVISTO 8.000 MILIONI di €

Benefici ambientali: Biomassa utilizzata anno (di origine animale e vegetale) 20.000.000 Ton

Fonti fossili risparmiate anno (gasolio e/o O.C) 2.300.000 Ton

Il beneficio ambientale della produzione di biogas potrebbe divenire ancora più rilevante se si passasse alla produzione di “biometano” da immettere in rete sostituendo il metano importato.

Si passerebbe dal rendimento dei piccoli motori, circa 35% al rendimento del 56% delle grandi centrali elettriche o al 100% delle combustioni.

A conclusione di tutto: con la realizzazione degli impianti di cui sopra è possibile prevedere un incremento nell’utilizzo di biomasse vegetali ed animali pari a 0,8 Mtep proveniente dal teleriscaldamento e di 2,3 Mtep dal biogas.

Considerando un valore di 141 Mtep (al 2008) degli usi finali di energia queste due tipologie di interventi fornirebbero un contributo rispettivamente dello 0,56% e del 1,63%; contributo di tutta rilevanza tenendo conto che l’Italia deve passare dal 12% del 2009 al 17% del 2020 di riduzione negli usi finali di energia.

Per quanto riguarda poi gli oneri a carico dei Aconsumatori è da considerare che con la diffusione di questi impianti, in particolare per il biogas, è ipotizzabile una riduzione dei costi unitari degli impianti, per cui si potrebbe ridurre corrispondentemente il livello degli incentivi.

Maggio 2010

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